Alzheimer e lavoro

Alzheimer e lavoro
L’occupazione è una parte rilevante della vita di moltissime persone. Negli ultimi decenni, c’è stato un crescente interesse per il ruolo dell’ambiente lavorativo in relazione a varie condizioni di salute. In questo articolo vedremo quindi l’opinione degli esperti sul rapporto tra Alzheimer e lavoro.
alzheimer e lavoro

Lavorare è preventivo contro l’Alzheimer

Mantenere il cervello attivo preserva i circuiti cerebrali dai segni del tempo, aiutando a ritardare la comparsa di demenza.
Uno studio, pubblicato sulla rivista The International Journal of Geriatric Psychiatry, ha dimostrato che lavorare a lungo, ovvero ritardare il pensionamento, stimola positivamente il cervello tanto da ritardare la possibile comparsa di Alzheimer.
Presso l’istituto di psichiatria del Kings College di Londra sono stati monitorati 382 uomini affetti dal morbo di Alzheimer, osservando che chi aveva continuato a lavorare oltre l’età media pensionabile, aveva ritardato sensibilmente l’insorgenza del declino cognitivo rispetto a chi aveva smesso presto di lavorare.
In particolare, gli studiosi hanno calcolato che ogni anno di lavoro in più, è associabile a un ritardo di 6 settimane nell’apparizione dei primi sintomi della malattia.
L’ambiente lavorativo, infatti, favorisce la stimolazione intellettuale che porta al mantenimento di una buona quantità di connessioni cerebrali spingendo la mente a rimanere sempre attiva.

Alzheimer e lavoro: ci sono dei rischi?

Come per ogni cosa, ci sono dei pro e dei contro.
Vediamoli insieme:
  • Il lavoro manuale. Uno studio americano dal titolo “Lifetime principal occupation and risk of Alzheimer’s disease in the Kungsholmen project” condotto nel 2003 da Chengxuan Qiu e altri, ha confermato l’associazione tra maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer e aver svolto un lavoro manuale, in particolare nella produzione di beni a livello industriale. Nello specifico, alcuni dei lavori presi in esame sono stati sarti, costruttori di case e operai del settore, fabbricanti di mobili e falegnami, tecnici meccanici, formatori, tipografi, saldatori e metalmeccanici. Secondo gli autori, tale risultato potrebbe essere legato in parte ai cambiamenti che sono avvenuti dopo gli anni ’50 nelle industrie, e che hanno condotto a una maggiore esposizione a sostanze inquinanti, ritenute neurotossiche.
  • Lo stress. Lo stress psicosociale generato dal lavoro può contribuire al rischio di insorgenza di demenza e Alzheimer in tarda età. I risultati di uno studio mostrano che le persone che hanno un basso controllo sul lavoro sono esposte ad un rischio maggiore di sviluppare demenza e AD in tarda età, rispetto a persone che, invece, hanno un altro controllo sul lavoro. Inoltre, le persone che hanno svolto lavoro stressanti (caratterizzati da alte richieste e basso controllo) o passivi (caratterizzati da basse richieste e basso controllo) sono più a rischio di persone che, invece, hanno svolto lavori caratterizzati da alte richieste e alto controllo.
  • Il lavoro su turni.  Secondo uno studio svolto dalla prestigiosa università svedese di Uppsala, fare i turni al lavoro compromette le funzioni cognitivi e accelera l’invecchiamento del cervello, in quanto impatta sui normali ritmi sonno/veglia. Per fortuna, però, si tratta di danni “reversibili”: servono 5 anni di vita regolare, nel rispetto del ritmo sonno/veglia, per recuperare le funzionalità compromesse.
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⚠️ Ci teniamo a sottolineare che questo blog è solo uno strumento informativo. Tutti contenuti non devono essere considerati soluzioni, terapie o medicina e, soprattutto, metodi per guarire dall’Alzheimer. Ti consigliamo vivamente di approfondire ogni contenuto che leggi su questo blog con il tuo medico o specialista. ⚠️